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MONDO

Dopo la strage

Parigi, strage Charlie Hebdo: gigantesca caccia all'uomo ma i killer sono ancora in fuga

Tra false speranze e ricerche vane, 88mila uomini in azione a nord di Parigi. Flop anche per il rastrellamento nella foresta vicino alla capitale 

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Braccati come animali, i fratelli Kouachi restano incredibilmente ancora in fuga, alla macchia per il secondo giorno di fronte all'imponente schieramento delle forze di sicurezza francesi. Nella foresta di Longpont, in Piccardia, cento chilometri a nord di Parigi, un rastrellamento durato ore si è chiuso in serata con un apparente nulla di fatto mentre i reparti speciali, corazzati come Robocop e armati di congegni per la visione notturna, si sono allontanati lasciando il campo ai soli gendarmi senza aver trovato traccia della vettura dei fuggitivi che sembrava fosse stata lasciata nella zona. Il giorno dopo la strage di Charlie Hebdo, la gigantesca caccia ai terroristi continua senza sosta, ma i risultati si fanno attendere. E intanto ancora sangue era stato versato a Parigi: un misterioso killer ha ucciso spietatamente alle spalle una giovane vigilessa, in servizio da quindici giorni, e ferito gravemente un collega.

Una giornata di ricerche vane
Mistero assoluto sulla dinamica dei fatti e sul movente: un pregiudicato già arrestato nove volte è stato fermato, ma l'assassino è salito su un auto e si è allontanato. Anche in questo caso, nonostante le ricerche, l'uomo è svanito nel nulla. Tre uomini armati e pronti a tutto liberi attorno a Parigi hanno portato a uno spiegamento di forze senza precedenti: 88mila uomini, quasi diecimila soltanto nella regione di Parigi, tra i quali reparti di paracadutisti. A metà giornata il momento di massima tensione: da una parte il misterioso assalitore che ha sparato a due agenti chiamati per un incidente stradale a Montrouge si faceva beffe degli inseguitori parcheggiando l'auto e andando a prendere, armato, la metropolitana. Dall'altra, una Clio grigia nella quale un benzinaio della Piccardia aveva avvistato i fratelli Kouachi con kalashnikov e lanciarazzi si avviava inspiegabilmente verso Parigi. In pochi minuti, le porte di accesso alla città sono state chiuse da posti di blocco e l'Eliseo è stato blindato.

Caccia all'uomo senza precedenti
Poco dopo, la caccia ai due killer della strage di Charlie Hebdo si è di nuovo spostata verso Villers-Cotteret, la città natale di Alexandre Dumas, e nei dintorni: prima a Crepy-en-Valois, poi a Corcy, infine a Longpont e nella vicina foresta, quando si è pensato che i due non si fossero trincerati in una casa ma avessero provato a dileguarsi nella campagna. La zona è stata transennata, le immagini diffuse dalle tv sono parse eccezionali: migliaia di uomini con scudi, fotoelettriche, cani al guinzaglio e armati fino ai denti in movimento a piedi, hanno circondato a gruppi i furgoni con il materiale e i gruppi elettrogeni. La notte di caccia si è alla fine spostata altrove e l'operazione resta difficile, senza alcuna traccia concreta. Malessere intanto nel sindacato di polizia, che chiede il ritiro di tutti gli uomini non armati impegnati in un'azione giudicata troppo rischiosa.

Le polemiche sull'inefficienza dell'intelligence
Hamid Mourad, giovanissimo presunto autista del commando terrorista in cui a sparare erano i due fratelli, è sempre in stato di fermo ma il suo alibi per ora regge. Tutta la vicenda è ancora avvolta da ombre e la carente comunicazione del governo non aiuta. Bernard Cazeneuve, il ministro dell'Interno, ha parlato oltre mezz'ora in conferenza stampa senza fornire notizie, al di là della convocazione della riunione dei ministri di Europa e Usa domenica a Parigi. Poi alla Cnn, in serata, la collega della Giustizia Christiane Taubira ha ammesso che uno dei due fratelli ricercati era noto all'intelligence fin dal 2005 per aver partecipato alla jihad dapprima in Yemen e quindi in Iraq. Tanto da essere arrestato e condannato al rientro. Mentre dagli Usa rimbalza la notizia che entrambi fossero da tempo nella lista delle persone bandite dai voli civili. Gli interrogativi sulla libertà di azione di cui i fratelli Kouachi hanno potuto godere in effetti si rincorrono.

"Tutti siamo Charlie", Parigi blindata
Come pure sullo strano smarrimento delle loro carte d'identità nell'auto della fuga, una circostanza straordinaria se si considera la freddezza e la preparazione delle due "primule rosse". Il Paese intero intanto si sente sempre più "Charlie", come recita l'hashtag diventato ormai un mantra. Nelle strade, nei negozi, sulle t-shirt dei ragazzini che vanno a scuola, ovunque c'è "Charlie" o un suo simbolo. Nelle scuole si è parlato del tragico 7 gennaio, poi quando i ragazzi si apprestavano a uscire, tutte le maestre, i professori e i bidelli hanno imperativamente fatto sgomberare per motivi di sicurezza l'area antistante il portone, dove in genere ci si ferma a chiacchierare a lungo, invitando gli studenti a tornare subito a casa. "Vigipirate", il dispositivo antiterroristico, è stato inasprito, uomini in divisa sono praticamente ovunque in città. A mezzogiorno, il minuto di silenzio religiosamente rispettato in tutto il Paese, mentre suonavano le campane di Notre Dame.

La politica reagisce. Ma la Le Pen attacca: "Sì alla pena di morte"
In serata, anche la scintillante Tour Eiffel ha spento le sue luci in segno di lutto. L'appello all'unità nazionale per il momento ha fatto centro. Resta soltanto la polemica del Front National, con Marine Le Pen che ha di nuovo invocato un referendum sulla pena di morte. Nel generale cordoglio, la storia tristissima di Clarissa Jean-Philippe, 25 anni, la vigilessa ancora in prova, da pochi giorni timidamente sulle strade delle banlieue a Montrouge. Colpita alle spalle durante un controllo, ha visto finire la sua carriera e la sua vita, due settimane dopo aver preso servizio.
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