MONDO
Immigrazione, Siria e Grecia al centro del discorso congiunto
I tre fronti aperti dell'Europa: Merkel e Hollande insieme a Strasburgo
Rifugiati
Il discorso di Hollande e Merkel ha un unico grande Leitmotiv, o fil rouge: ovvero la crisi dei migranti. La Cancelliera negli ultimi mesi ha puntato tutto sull’immagine di una Germania compassionevole ed efficiente nell’accoglienza, così da rinforzare quell’identità di leader europea che ha sul piano economico con una forte visione etica. Fatta la premessa, arriva lo svolgimento della tesi. Anzi, delle due tesi. Merkel torna a ripetere alla platea che non si può rispondere agli arrivi “con la chiusura e l’isolamento” e che ormai bisogna superare il Trattato di Dublino - in base al quale un solo ed unico Stato membro è competente per l’esame di una singola domanda di asilo- “non più all’altezza delle sfide”. Hollande dall’altro lato mette l’accelleratore sugli hotspot, sui centri di identificazione, “la precondizione essenziale per far rispettare le nostre frontiere”. E aggiunge che “il sistema di redistribuzione dei richiedenti asilo va attuato rapidamente”. Il capo di Stato francese è sempre stato allergico al termine “quote” e in passato aveva criticato le politiche di ricollocazione dei migranti, dettata dalla Commissione, perché, secondo lui, inefficaci a risolvere l’emergenza. "Ce n'est pas la bonne méthode", disse in una conferenza stampa. “Non è il metodo giusto”. A questo punto, “era”.
Siria
L’immigrazione ha tenuto banco anche quando Merkel e Hollande hanno aperto il capitolo sulla guerra civile in Siria. Qui le posizioni sono abbastanza nette, e non accennano a sfumarsi. Da una parte il presidente francese è contrario a qualsiasi confronto con Assad, che “continua ad alimentare questo disastro con i bombardamenti” e a cui è urgente contrapporre “un’alternativa politica” perché “se non si troverà una soluzione il conflitto diventerà una guerra totale”. Dall’altra Merkel porta avanti una condotta più trasformista, aggiustata proprio negli ultimi giorni, influenzata dalla decisione di Putin di sostenere militarmente il presidente siriano. Se prima Assad era l’uomo nero da cacciare con ogni mezzo, ora lo è ugualmente ma per cercare una via d’uscita non sarebbe impensabile coinvolgerlo come interlocutore nelle trattative. Merkel è poi tornata a battere sul tasto che più le sta a cuore: “Dobbiamo aiutare i Paesi vicini della Siria che ospitano milioni di profughi e la Turchia che gioca un ruolo cruciale" ha detto "Dobbiamo dare il nostro sostegno perché accolgano le persone e combattano i trafficanti di esseri umani”.
Grexit
Ormai lo spauracchio dell’uscita della Grecia dall’Eurozona sembra un brutto sogno lasciato alle spalle. In questo frangente forse Hollande e Merkel sono stati sempre uniti dallo stesso fine, seppur mosso da ragioni differenti. Evitare con tutti i mezzi Grexit. Merkel non avrebbe mai voluto passare per la “leader della spaccatura”, considerando soprattutto l’eredità di quel lontano 1989. Hollande, accanto alla ragione addotta anche oggi - “sarebbe stata una sconfitta, avrebbe aperto una frattura nella moneta unica”- aveva da difendere gli interessi nazionali. Non a caso agli eurodeputati è tornato a porre il tema più caldo e più scomodo sul futuro della Grecia: “Spero che si apra una discussione sul debito pubblico”, ha aggiunto il capo di Stato francese. Un tema su cui Merkel ha preferito glissare, del resto è nota la posizione tedesca, espressa subito dopo le elezioni e la riconferma di Alexis Tsipras come premier. La Cancelliera si era congratulata - come da cerimoniale - per la vittoria, poi però aveva incaricato il portavoce Steffen Seibert di ricordare ai greci che “il terzo programma di salvataggio rimane valido anche oltre il giorno delle elezioni e dei colloqui della coalizione”. Leggi: attuare le riforme, al più presto.