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MONDO

"Ostaggi portati nel deserto"

Italiani rapiti in Libia, Alfano "non esclude" la richiesta di scambio. Mattarella: "Ferita aperta"

Sul profilo Facebook dell'esercito del generale Khalifa Haftar, con sede a Tobruk, spunta l'ipotesi per cui il sequestro avrebbe lo scopo di "fare pressioni sull'Italia e ottenere la liberazione di sette libici". Ipotesi che il ministro dell'Interno non conferma ma non smentisce nemmeno. In serata la precisazione: "Unica cosa certa è che non si tratta con gli scafisti"

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"Non credo che possiamo escludere una pista" e "nessuno può dire se il rapimento possa essere attribuito" alla lotta agli scafisti. Sono le parole con cui il ministro dell'Interno Angelino Alfano commenta l'ipotesi, avanzata oggi da una delle forze in campo in Libia, secondo cui i 4 italiani rapiti nel paese che fu di Gheddafi possano essere usati come merce di scambio per la liberazione di uno o più scafisti detenuti nel nostro Paese. "Facciamo lavorare chi ha titolo a farlo e a farlo nel silenzio" ha aggiunto Alfano

La precisazione: "Non si tratta con gli scafisti"
"Il ministro Alfano non ha accreditato alcuna ipotesi di scambi con scafisti. Nessuna pista esclusa, l'unica cosa esclusa è che si tratti con gli scafisti": così il Viminale, con una nota, è intervenuto in serata a chiarire le parole del ministro Alfano.

Mattarella: "Ferita aperta"
Da Malta è arrivato anche il commento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha definito il rapimento di Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla "una ferita aperta che speriamo si possa risolvere nel più breve tempo possibile". "Tutti sono nel mirino - ha aggiunto Mattarella rispondendo a chi gli chiedeva se ci fosse un'offensiva fondamentalista in particolare contro l'Italia. -: è nel mirino qualunque paese che si batta per la tolleranza, la civiltà e il rispetto delle vite umane".

Intanto i familiari dei quattro italiani rapiti sono stati ricevuti nel pomeriggio all'Unità di crisi della Farnesina per fare il punto sulla vicenda.

"Portati nel deserto"
I quattro italiani rapiti in Libia sarebbero stati portati in una zona desertica dove è facile nascondersi. E' l''ultima indiscrezione pubblicata dal quotidiano online libico 'Akhbar Libia24', che citando fonti di Sabrata, città sulla costa nord-occidentale del Paese, ha scritto che "i 4 italiani rapiti sarebbero stati portati in una zona desertica dove è facile trovare nascondigli e dove si può fare qualsiasi cosa senza aver paura di nulla". Secondo le fonti, "i rapitori "hanno fatto scendere gli italiani dalla loro macchina, e li hanno fatti salire in un'auto obbligandoli a lasciare i loro telefoni cellulari". Il sito aggiunge che "l'autista dell'auto degli italiani è stato legato e abbandonato nel deserto".  

L'ipotesi del rapimento per uno scambio
Secondo il "Comando generale delle forze armate - operazioni dell'esercito nazionale", che fa capo all'esercito del generale Khalifa Haftar, con sede a Tobruk, le milizie di Zuara (Zuwarah), legate alla coalizione Alba della Libia (Fajr) che sostiene il governo di Tripoli, sarebbero responsabili del rapimento dei quattro italiani avvenuto tre giorni fa vicino Mellitah, in Libia, allo scopo di scambiarli con scafisti libici. E' l'ipotesi avanzata dal profilo Facebook del suddetto esercito.

Nella "notizia urgente" pubblicata sul social network si legge che "nostre fonti confermano che le milizie della cosiddetta Fajr Libia di Zuara sono responsabili del sequestro dei quattro italiani". Nel messaggio si legge che il sequestro avrebbe lo scopo di "fare pressioni sull'Italia e ottenere la liberazione di sette libici arrestati per traffico di esseri umani nel Mar Mediterraneo".

Anche il politico libico Abdullah Naker, presidente del partito al Qimma, fedele al governo di Tobruk, ha rilanciato l'accusa contro le milizie di Alba della Libia (Fajr). Naker ha ricordato che "il rapimento è avvenuto nella zona intorno a Mellitah". "Sappiamo tutti - ha continuato - che è controllata dalle milizie di Fajr. Queste milizie non sono nuove a questo genere di provocazioni ed hanno gia' rapito in passato alcuni diplomatici: collaborano con i gruppi criminali e questo è il risultato". Naker ha invitato la comunità internazionale a prendere coscienza della "reale situazione in Libia" e ha aggiunto che "da tempo questi gruppi portano avanti provocazioni per chiedere soldi e imporre l'assunzione di persone a loro vicine nel porto di Mellitah". 
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