Dopo il bombardamento con armi chimiche a Idlib
Gli Usa attaccano la Siria, le ragioni politiche che hanno spinto Trump ad agire
Il presidente americano, Donald Trump, sceglie il pugno di ferro contro il regime di Bashar al Assad. L'attacco arriva dopo un lungo vertice tra alti funzionari della Casa Bianca, il ministro della Difesa Jim Mattis, il segretario di Stato Rex Tillerson e il consigliere per la Sicurezza Nazionale H.R. McMaster. Una mossa a pochi giorni dal viaggio di Tillerson in Russia; e secondo alcuni analisti, la decisione di velocizzare l'intervento servira' agli Stati Uniti anche per dare un maggior peso politico all'incontro con il ministro degli esteri, Serghey Lavrov. La Russia e' il maggior alleato del presidente siriano e oltre ad aiutare militarmente l'esercito governativo, ha bloccato la quasi totalita' delle iniziative diplomatiche al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. "E' di vitale importanza per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti prevenire e scoraggiare la diffusione e l'utilizzo di armi chimiche mortali" ha detto il presidente, dimostrando di non aver paura di una prova di forza. Si tratta della prima azione contro il regime di Assad, dall'inizio, sei anni fa, della guerra civile. Con questa scarica di missili Tomahawk, il presidente americano accontenta in patria il partito dei falchi, che da sempre preme perche' la Casa Bianca intervenga contro Damasco.
"Diversamente dalla precedente amministrazione, il presidente ha affrontato un momento cruciale in Siria e ha agito. Per questa ragione merita il sostegno del popolo americano" hanno detto in comunicato ufficiale congiunto i senatori repubblicani John McCain e Lindsey Graham, tra i primi a fare pressioni su Trump. I repubblicani infatti non hanno mai perdonato a Barack Obama di non esser intervenuto nel 2013, nonostante fosse stato provato l'uso di armi chimiche dal governo di Assad che sanciva il superamento "della linea rossa". Il presidente americano fu accusato di aver indebolito la leadership degli Stati Uniti. Trump si e' trovato ora nella stessa posizione del suo predecessore quattro anni fa. Se non fosse intervenuto "avrebbe dato l'impressione che stesse semplicemente seguendo la politica di Obama in Siria" ha spiegato Elliott Abrams a Politico, esperto di affari esteri sotto l'amministrazione di George W. Bush. "Obama, anno dopo anno, non ha fatto niente per salvare le vite dei siriani".
L'inversione di marcia di Trump rispetto alle sue promesse in campagna elettorale di un'America che si sarebbe ritirata dal palcoscenico mondiale per curarsi prima di se stessa ("America first"), ha sorpreso molti esperti. Solo qualche giorno fa, il segretario di Stato Tillerson e l'ambasciatrice americana all'Onu, Nikki Haley, avevano sostenuto che per la Casa Bianca non era piu' una priorita' far cadere Assad.