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MONDO

L'avanzata dell'Isis

Libia, ambasciata chiusa a Tripoli e italiani rimpatriati

Tecnici, dirigenti e anche italo-libici che da tempo vivevano in Libia hanno lasciato il paese su una nave maltese. Dopo l'approdo in Sicilia saranno trasferiti a Roma. La Farnesina parla di "operazione di alleggerimento". Allarme elevato nella capitale dopo che l'Isis ha definito Gentiloni ministro dell'Italia "crociata". Segnalata la presenza di bandiere del califfato a Tripoli. Giovedì il governo riferirà in Parlamento 

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Tripoli (Libia) Sono arrivati nel porto di Augusta gli italiani evacuati dalla Libia. A bordo di un catamarano hanno raggiunto la Sicilia per poi essere trasferiti a Roma. Per la Farnesina non si tratta di evacuazione ma di "un' operazione di alleggerimento" ricordando che all'inizio di febbraio, sul sito Viaggiare Sicuri, era stato pubblicato l'invito ai connazionali a non partire per la Libia oppure, nel caso si trovassero già lì, "a lasciare temporaneamente il Paese" a causa del peggioramento delle condizioni di sicurezza.

Gentiloni e la chiusura dell'ambasciata
L'attività dell'ambasciata italiana a Tripoli è stata sospesa. "La chiusura si è resa necessaria a causa del deteriorarsi della situazione", ha spiegato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, annunciando che giovedì il governo riferirà in Parlamento e assicurando che l'Italia è pronta a fare la sua parte "nel quadro delle decisioni delle Nazioni Unite”.

Gli italiani che partono
A lasciare la Libia sono il personale dirigente e tecnico dell'ambasciata, i lavoratori dell'Eni e delle imprese italiane ancora in Libia. Se ne vanno gli italo-libici che per anni hanno vissuto nel Paese di Gheddafi. Secondo alcune stime sono tra 50 e 100 persone. Restano un centinaio di italiani, invitati ripetutamente dall'ambasciata a lasciare il Paese, ma che per il momento hanno scelto di rimanere.

Cresce la paura dell'Isis, segnalate bandiere nere a Tripoli
L'esercito del Califfo controlla ormai un'ampia fascia del Paese. Le bandiere nere segnano i luoghi in mano agli uomini di al Baghdadi. Oltre al Califfato di Derna, come lo hanno ribattezzato, hanno preso Sirte e si stanno spingendo verso ovest. Ad essere minacciati sono gli stessi miliziani libici: è a loro che è rivolto l'ultimatum dei jihadisti di lasciare la città di Sirte in 24 ore (scade tra poco) e il Paese rischia una nuova guerra interna. Secondo fonti libiche vicine al Governo e al Parlamento di Tobruk, riconosciuti dalla comunità internazionale, "le bandiere nere dell'Isis sono già a Tripoli, si vedono sventolare dalle macchine che si aggirano nella capitale libica: prima erano poche, nascoste, adesso si stanno moltiplicando e la situazione è gravissima".

Media libici: il generale Haftar alla guida delle forze libiche e ministro della Difesa
Sui media libici circolano con insistenza voci secondo le quali il presidente del parlamento di Tobruk abbia nominato il generale Khalifa Haftar "Comandante generale delle Forze armate libiche e ministro della Difesa". Nei giorni scorsi i media libici avevano parlato di uno scontro tra al Thani e Haftar sfociato in una serie di manifestazioni organizzate ieri a Bengasi, Tobruk e Beida per chiedere la nomina di Haftar a capo supremo delle forze armate, osteggiata dal governo che teme di perdere potere.

L'allarme del ministro Pinotti
Come ha ricordato in una intervista al Messaggero il ministro Pinotti, l'esercito del Califfo "si trova ormai a 350 km dalle coste italiane". E' di ieri la minaccia di un GR dell'Isis all'Italia, definita crociata, dopo che il ministro Paolo Gentiloni aveva dichiarato che Roma era pronta a combattere e a guidare un'eventuale missione Onu.

Brunetta critico, Berlusconi apre al governo
Dall'opposizione, l'ex ministro Renato Brunetta (FI) aveva contestato l'operato del governo, accusato di indicare  "la guerra di terra in Libia senza avere avuto il mandato del Parlamento". Poi, nel pomeriggio, è arrivata l'apertura del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi: "Accogliamo con favore l'intento del Governo di non abdicare alle responsabilità che ci derivano dal ruolo che il nostro paese deve avere nel Mediterraneo e nella difesa del nostro continente, della sua civiltà e dei suoi valori di libertà, oggi minacciati. Un intervento di forze militari internazionali, sebbene ultima risorsa, deve essere oggi una opzione da prendere in seria considerazione per ristabilire ordine e pace".

Il M5S: l'uso delle bombe peggiorerà la situazione
Opposta la posizione di Alessandro Di Battista e Carlo Sibilia, del direttorio del Movimento 5 Stelle. "L'uso delle armi peggiorerà la situazione - hanno dichiarato - Dobbiamo parlarne in Parlamento. Il caos in Libia è effetto delle decisioni dell'allora Pdl e del Pd che nel 2011 si chinarono alle pressioni di Francia e Usa a danno dell'Italia e della popolazione civile in Libia. E insistono con le bombe".

Sel: prima la diplomazia, poi missione a guida Onu
Secondo il capogruppo di Sel alla Camera, Arturo Scotto, si deve "sostenere con forza la mediazione Onu dell'inviato Bernardino Leon che punta a Costruire un accordo tra le parti, coinvolgendo il contesto macroregionale a partire da attori fondamentali come Qatar e Arabia Saudita". "Allo stesso tempo - prosegue l'esponente di Sel - pensiamo che in una fase successiva al negoziato si possa immaginare e sostenere come Italia una missione a guida Nazioni Unite che abbia funzione di peace keeping e di state building ovvero di ricostruzione della statualità condivisa".
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