MONDO
Allarme per il secessionismo
Ancora tensione in Crimea, scontri a Simferopoli
Nella città circa 5mila manifestanti tatari, etnia oggetto di discriminazioni da parte della maggioranza russofona, si sono riuniti davanti al Parlamento. Ci sono stati scontri con i filorussi. Intanto a Kiev si lavora sul governo
Simerfopoli
Circa 5mila sostenitori della protesta antigovernativa che ha portato alla caduta di Yanukovich si sono riuniti davanti al Consiglio supremo della Crimea a Simferopoli per manifestare contro una possibile secessione della penisola. Molti dei dimostranti sono tatari, gruppo etnico che rappresenta il 12% della popolazione della Crimea: affermano di essere oggetto di atti di discriminazione razziale da parte della maggioranza russofona. Davanti al Parlamento c'erano però anche circa 700 filorussi e si sono registrati dei tafferugli.
I filo-occidentali - fa sapere l'agenzia Interfax - sventolano bandiere ucraine e dei tatari di Crimea gridando il motto nazionalista "Gloria all'Ucraina! Gloria agli eroi!" e ancora "La Crimea non è Russia!" I manifestanti antigovernativi hanno occupato il Parlamento locale chiedendo che si pronunci contro la Rada di Kiev e organizzi un referendum per staccarsi dall'Ucraina.
I tatari di Crimea furono deportati in massa in Asia centrale nel 1944 su ordine di Stalin, che li sospettava di collaborazionismo con i tedeschi durante l'occupazione nazista. Circa 250 mila furono spediti in zone remote della Siberia, dell'Uzbekistan e del Kazakistan, e circa metà di loro vi morì. Nel 1989, in piena perestrojka, ai tatari di Crimea fu concesso di tornare nella loro terra d'origine. Da allora circa 260 mila tra sopravvissuti e discendenti sono tornati in Crimea.
Mentre centinaia di cosacchi del Don si dicono pronti a correre in aiuto, una delegazione di senatori russi vola in Crimea dopo che tra i parlamentari di casa si sta facendo strada l'ipotesi di facilitare la concessione di passaporti ai residenti di etnia russa: una mossa che consentirebbe poi di intervenire facilmente a tutela dei propri connazionali, come successo nella regione georgiana secessionista dell'Ossezia del sud.
In Crimea, quindi, la situazione resta tesa. Bandiere russe sono state issate in varie città, come sul soviet supremo della capitale Simferopoli e sui municipi di Sebastopoli, Kerkh e Kharhov. In quest'ultima città il sindaco, Ghennadi Kernes, ha tentato di togliere il tricolore russo - che ha sostituito la bandiera dell'Unione europea - chiedendo ai manifestanti di non aggravare la situazione ma è stato respinto e allontanato.
Putin, intanto, si prepara ad assecondare i venti sempre più forti di separatismo. In attesa di capire i margini di una cooperazione diplomatica internazionale con europei e americani, il leader del Cremlino tiene pronta anche la leva etnica oltre a quella energetica (gas) ed economica (congelamento delle successive tranche del prestito da 15 mld di dollari) per difendere i propri interessi nello scacchiere ucraino.
Intanto nella Capitale si lavora per la formazione del governo di unità nazionale che dovrebbe essere presentato domani. Kiev si dice pronta a ripristinare il pieno dialogo diplomatico con la Russia non appena sarà formato il nuovo governo. Il ministero degli Esteri ucraino ha fatto sapere: "Riaffermiamo la nostra fedeltà alle relazioni russo-ucraine su basi nuove, di vera uguaglianza e vicinato, come sottolineato nel suo discorso al popolo ucraino dal presidente ad interim, lo speaker della Rada Oleksandr Turchynov".
I filo-occidentali - fa sapere l'agenzia Interfax - sventolano bandiere ucraine e dei tatari di Crimea gridando il motto nazionalista "Gloria all'Ucraina! Gloria agli eroi!" e ancora "La Crimea non è Russia!" I manifestanti antigovernativi hanno occupato il Parlamento locale chiedendo che si pronunci contro la Rada di Kiev e organizzi un referendum per staccarsi dall'Ucraina.
I tatari di Crimea furono deportati in massa in Asia centrale nel 1944 su ordine di Stalin, che li sospettava di collaborazionismo con i tedeschi durante l'occupazione nazista. Circa 250 mila furono spediti in zone remote della Siberia, dell'Uzbekistan e del Kazakistan, e circa metà di loro vi morì. Nel 1989, in piena perestrojka, ai tatari di Crimea fu concesso di tornare nella loro terra d'origine. Da allora circa 260 mila tra sopravvissuti e discendenti sono tornati in Crimea.
Mentre centinaia di cosacchi del Don si dicono pronti a correre in aiuto, una delegazione di senatori russi vola in Crimea dopo che tra i parlamentari di casa si sta facendo strada l'ipotesi di facilitare la concessione di passaporti ai residenti di etnia russa: una mossa che consentirebbe poi di intervenire facilmente a tutela dei propri connazionali, come successo nella regione georgiana secessionista dell'Ossezia del sud.
In Crimea, quindi, la situazione resta tesa. Bandiere russe sono state issate in varie città, come sul soviet supremo della capitale Simferopoli e sui municipi di Sebastopoli, Kerkh e Kharhov. In quest'ultima città il sindaco, Ghennadi Kernes, ha tentato di togliere il tricolore russo - che ha sostituito la bandiera dell'Unione europea - chiedendo ai manifestanti di non aggravare la situazione ma è stato respinto e allontanato.
Putin, intanto, si prepara ad assecondare i venti sempre più forti di separatismo. In attesa di capire i margini di una cooperazione diplomatica internazionale con europei e americani, il leader del Cremlino tiene pronta anche la leva etnica oltre a quella energetica (gas) ed economica (congelamento delle successive tranche del prestito da 15 mld di dollari) per difendere i propri interessi nello scacchiere ucraino.
Intanto nella Capitale si lavora per la formazione del governo di unità nazionale che dovrebbe essere presentato domani. Kiev si dice pronta a ripristinare il pieno dialogo diplomatico con la Russia non appena sarà formato il nuovo governo. Il ministero degli Esteri ucraino ha fatto sapere: "Riaffermiamo la nostra fedeltà alle relazioni russo-ucraine su basi nuove, di vera uguaglianza e vicinato, come sottolineato nel suo discorso al popolo ucraino dal presidente ad interim, lo speaker della Rada Oleksandr Turchynov".