MONDO
Cruciali elezioni anticipate
Turchia al voto, Erdogan alla sfida delle urne
Seggi aperti dalle 8 ora locale per le elezioni generali. Scenari di incertezza. Analisti: in gioco il futuro del Paese
Un tentativo disperato del presidente Recep Tayyip Erdogan di mantenere nelle proprie mani il potere, i cui esiti restano ancora incerti. Ma per molti osservatori è in ballo il futuro del Paese. E la sua tradizione democratica.
All'ombra di una crescente pressione sui media, dei recenti e sanguinosissimi attentati terroristici e della mobilitazione di migliaia di militari e di agenti della polizia nelle zone orientali e sudorientali a maggioranza curda del Paese per garantire 'la sicurezza elettorale', gli analisti delineano diversi scenari per il periodo post elettorale. In realtà, non risulta ancora chiaro come sarà possibile uscire dalla impasse politica in cui si trova intrappolata la Turchia da 5 mesi.
La sfida di Erdogan dopo la sconfitta dello scorso giugno
Il risultato delle consultazioni precedenti, da cui è emerso un Parlamento composto da quattro partiti politici (nessuno dei quali in possesso del numero di seggi necessari per andare al governo da solo), non ha permesso la formazione di un governo di coalizione. Mentre l'Akp, sostenendo la volontà del presidente Erdogan di andare ad elezioni anticipate, non ha presentato al Chp (Partito repubblicano del popolo, primo partito d'opposizione) nemmeno una vera proposta di coalizione a lungo termine, l'inconciliabilità assoluta tra il Partito di azione nazionalista (Mhp) e il Partito filo-curdo democratico dei popoli (Hdp) sulla questione curda hanno impedito che i tre partiti d'opposizione potessero formare assieme un blocco unanime.
Alla luce del fatto che gli ultimissimi sondaggi elettorali prospettano (per la stragrande maggioranza) un cambiamento di pochi punti percentuali per i quattro partiti (attribuendo all'Akp non oltre il 44% necessari per portarlo al governo da solo), le domande essenziali poste dagli analisti sono essenzialmente due e lasciano chiaramente intravedere il pericolo di un periodo di ulteriori tensioni e instabilità. Innanzitutto: il risultato elettorale porterà l'Akp a riconquistare la maggioranza per formare da solo un governo o si ripresenterà la necessità di formare una coalizione? E poi, se non si dovesse formare un governo monocolore, l'Akp insisterà per votare una terza volta?
Il nodo della maggioranza assoluta
Secondo alcuni osservatori, il raggiungimento della maggioranza assoluta (276 su 550 seggi) in Parlamento da parte dell'Akp, darebbe il via libera definitivo al presidente Erdogan verso un sistema presidenziale quantomeno di fatto. Un obiettivo rincorso invano nelle precedenti elezioni e che per avere una validità 'legale' comporterebbe una modifica alla Costituzione (e almeno 330 seggi parlamentari). Tuttavia, gli stessi osservatori ricordano che il presidente pochi mesi fa ha già affermato che la Turchia si trova in un 'sistema presidenziale di fatto'. Dunque ottenere la maggioranza comporterebbe un avallo di questo stato.
Il mancato raggiungimento del numero di deputati necessario, sottolineano gli analisti, potrebbe anche essere superato con il trasferimento di alcuni deputati dei partiti d'opposizione. Un'eventualità che è già stata messa alla prova nei mesi scorsi, dove due parlamentari, rispettivamente del Chp e del Mhp, si sono uniti alle file dell'Akp.
Per Murat Yetkin, direttore di Hurriyet Daily News, qualunque possa essere l'esito della votazione la volontà del presidente Erdogan sarà determinante alla fine. Una coalizione, spiega Yetkin, significherebbe per il presidente dover rinunciare al suo piano presidenziale. Per questo motivo, Erdogan potrebbe arrivare anche a chiedere di andare a nuove elezioni anticipate.
Il presidente, che ha affermato che 'il risultato e la scelta che gli elettori compiranno il 1° novembre verrà rispettato', ha infatti aggiunto che 'la stabilità continuerà ad esserci se la nazione darà la possibilità di governare ad un unico partito'.
Un'alleanza con i nazionalisti del Mhp?
Intanto il premier Ahmet Davutoglu, fedelissimo uomo del presidente, esclude senza troppa convinzione la possibilità di una terza tornata elettorale ('speriamo di no'). Affermando che 'ci troviamo in un bilico', Davutoglu ammette (ma 'solo ipoteticamente') la formazione di una coalizione, accennando alla possibilità di alleanza con il nazionalista Mhp.
Dal canto suo, il leader del Mhp Devlet Bahceli, che all'indomani delle elezioni del 7 giugno aveva escluso qualsiasi soluzione di coalizione, questa volta dichiara il proprio partito 'disposto ad allearsi con l'Akp o il Chp' a patto che accettino 'le nostre quattro condizioni'. Quelle condizioni che risultavano inconciliabili con la posizione del Partito della giustizia e dello sviluppo anche nelle consultazioni precedenti, perché richiedono che venga riaperto il fascicolo corruzione riguardante l'Akp, ribadiscono l'indipendenza della magistratura dal potere esecutivo e il confinamento del presidente della Repubblica nel ruolo rappresentativo definito dalla Costituzione. Nonché la fine del processo di pace avviato tra lo Stato turco e il Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), già in atto da quando sono ripresi lo scorso luglio gli scontri tra l'esercito e i militanti curdi.
Nonostante le condizioni poste, il Mhp risulta comunque il partito più vicino all'Akp, soprattutto per via della similarità 'socio-culturale' dell'elettorato dei due partiti. 'Se l'Akp sarà costretto a formare una coalizione sappiamo che preferirà comunque il Mhp', scrive Kadri Gursel su al-Monitor. "Un'alleanza Akp-Mhp servirebbe a sostenere il piano di Erdogan fino al raggiungimento dell'obiettivo di 'governare da solo', ma allo stesso tempo accentuerebbe la polarizzazione della Turchia, per non parlare di come sarebbe difficile terminare gli scontri con il Pkk, dal momento che il Mhp respinge ogni tipo di trattativa e riuscendo a concepire solo una soluzione militare".
Il peso dei filo-curdi
La ripresa degli scontri armati con il Pkk, che in pochi mesi ha causato la morte di centinaia di persone, risulta una questione di centrale importanza per gli elettori. Ma gli attacchi rivolti dal presidente e dall'Akp all'Hdp dopo il successo elettorale che ha portato il partito filo-curdo a ottenere il 13% dei voti alle scorse elezioni, impedendo di fatto la formazione di un nuovo governo monocolore Akp, non sembrano aver ottenuto il risultato di ridimensionare la popolarità dell'Hdp. Anzi, per qualcuno come il giornalista Metin Münir del portale informativo T24, Erdogan e il suo partito risentiranno della scelta fatta sulla questione curda. "L'Akp è un partito in discesa. L'elettorato indeciso, che rappresenta il 17% dei votanti, non premierà l'Akp perché hanno visto che Erdogan ha risvegliato il terrore del Pkk e che è pronto a condurre la Turchia in guerra".
In gioco il futuro del Paese
Altri analisti ricordano che anche il fattore economico, questione centrale per gli elettori accanto al tema del terrorismo, peserà sul risultato elettorale. 'L'economia è rallentata, sono aumentati l'inflazione e la disoccupazione', scrive la giornalista Amberin Zaman, 'la rottura del processo di pace ha colpito il settore turistico non solo nel Sudest, ma in tutta la Turchia'.
Scenari futuri, vengono delineati anche da ex membri dell'Akp, che non si riconoscono più con la linea assunta dal partito negli ultimi anni, come l'ex ministro Akp della cultura Ertugrul Gunay: "Siamo entrati in un tunnel dell'orrore che sembra destinato a durare ancora per un pezzo". Ma, aggiunge Gunay, "il governo dell'Akp risulta in uno stato di panico e cerca di far paura alla popolazione, impedisce la libera circolazione delle idee e cerca di imporre con la forza il proprio punto di vista. Ma questa situazione non può durare per sempre. Soprattutto in un Paese come la Turchia con una società giovane". "La democrazia e il regime attuale sono legati da un filo. Il 1° novembre e i giorni seguenti dimostreranno se la popolazione turca permetterà che in Turchia inizi l'epoca dell' 'Erdoganismo', come una versione nazionale del 'Putinismo'", afferma invece Ahmet Insel di Cumhuriyet. "Gli erdoganisti stanno lottando per la sopravvivenza. Noi stiamo affrontando una prova di pace e democrazia che inciderà sul nostro futuro".